Il sentiero Silone

Pescina

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Un sentiero ad anello con partenza e arrivo a Pescina dei Marsi ricorda e rende omaggio a Ignazio Silone nel suo luogo di nascita. E prefigura un parco letterario nelle zone continuamente richiamate nei suoi romanzi, da Fontamara, a Il Segreto di Luca, da Vino e Pane a Il seme sotto la neve, da Una manciata di more a La volpe e le camelie, fino a L’avventura di un povero cristiano. Il suo vero nome era in realtà Secondino Tranquilli. Scelse di chiamarsi Ignazio per ammirazione verso il grande santo di Loyola, e Silone in omaggio a Quinto Poppedio Silone, capo della resistenza dei Marsi contro i romani invasori.




Era nato nel 1900 a Pescina e aveva ben presto perduto i genitori, il padre nel 1911 e la madre nel terremoto della Marsica del 1915. Entrò nella gioventù comunista e si dedicò poi al lavoro di partito, al collegamento internazionale e all’attività clandestina antifascista, con un impegno totalizzante. Poi la crisi politica, innescata dalle aberrazioni del comunismo, l’espulsione dal partito, la malattia, la scelta della letteratura. E la riscoperta dell’eredità cristiana. Una vita lunga, ricca di capitoli, ma anche segnata da amarezze e dall’isolamento politico e letterario. Un’avventura cristiana, la sua, intrecciata alla vicenda umana e alla crisi politica. Dirà più tardi che “la gioia e l’angoscia insieme di lasciare la chiesa, la fede religiosa, il cristianesimo della chiesa, per entrare nella chiesa socialista, fu una specie di fuga, di uscita di sicurezza. Fu nel momento della rottura che sentii quanto fossi legato a Cristo in tutte le fibre dell’essere”. Una ricerca cristiana essenziale, pudica, lontana dalle pompe ecclesiastiche e dalle pratiche religiose. Nei suoi romanzi, sullo sfondo della tremenda miseria della vita contadina e delle ingiustizie sociali, si staglia l’eroe autobiografico, braccato, sofferente e malato, “vinto”: Berardo Viola in “Fontamara”, Pietro Spina di “Vino e pane”, Luca Sabatini de “Il segreto di Luca”. La “fede” siloniana si incarna in solitarie figure di preti ascetici, lontani dal potere e ricchi di misericordia e di profezia, come il Don Benedetto di “Vino e pane” o l’eremita santo de “L’avventura di un povero cristiano”.



Il sentiero segnato e tabellato dal Cai di Pescina è un anello con alcune varianti che ha per assi principali il corso del fiume Giovenco in basso e, in alto, il crinale della Rocca vecchia che dal monte Parasano scende a Pescina. Stefano Ardito ha scritto un libro che racconta la vita di Silone e contiene la guida completa al sentiero. La cartina disponibile è tuttavia molto sommaria e pone spesso dubbi sul percorso. Proponiamo qui il tratto di percorso più semplice e più panoramico, quello che dal centro di Pescina (a quota 730) sale progressivamente alla tomba di Silone, alla Rocca, al monumento dell’Alpino e alla cresta senza nome (a quota 980 circa).



La passeggiata in paese può partire dalla basilica concattedrale di Santa Maria delle Grazie che si apre su una larga piazza dov’è anche il monumento a Don Luigi Orione, il santo che salvò Silone nei giorni del terremoto e che ebbe un ruolo importante nella sua formazione adolescenziale. Si percorre la Calata al fiume e si scende sulle rive del Giovenco



Il fiume nasce nel territorio del Parco d’Abruzzo, alla Pietra Gentile. Un tempo era il principale immissario del lago del Fucino, mentre oggi alimenta i canali d’irrigazione della conca ormai prosciugata. Si può arrivare alla bella Fonte Vecchia, affiancata da una bassa vasca arcuata predisposta per l’abbeverata delle greggi. Risalendo per via Umberto si osserva al 34 la casa di Silone, con la targa che lo ricorda. Sulla Piazza del Municipio si affacciano la chiesa di Sant’Antonio da Padova, con la lunetta affrescata, e l’ex convento che ospita il Museo Silone. Ci si dirige poi verso la casa-museo del cardinale Giulio Mazzarino, a picco sul Giovenco: della casa natale originaria del successore di Richelieu al servizio del Re Sole resta una loggetta con delle bifore.



Salendo ancora si arriva ai piedi del campanile della vecchia chiesa di San Berardo, dov’è la tomba di Ignazio Silone. Una targa ne trascrive le parole del testamento: “Mi piacerebbe di esser sepolto così, ai piedi del vecchio campanile di San Berardo, a Pescina, con una croce di ferro appoggiata al muro e la vista del Fucino, in lontananza”.

 

 



Un breve sentierino in salita raggiunge la sterrata più in alto. A sinistra si va sulla nuova strada selciata che conduce al punto panoramico sotto l’incombente torre Piccolomini della Rocca vecchia. Si torna poi indietro e si prosegue in direzione della chiesa della Madonna del Carmine, dov’è un gruppo di edifici rurali e un fontanile a doppia vasca



Siamo ormai fuori dalla Pescina moderna. Risalita però una rampa di strada sterrata, al primo tornante, scopriamo i malinconici ruderi di Pescina vecchia, le case abbattute dal terremoto del 1915 e le grotte scavate nel costone roccioso che regge la Rocca



Si prosegue in salita per immettersi su una nuova strada sterrata. Si va a sinistra e si perviene al sentiero che sale al visibile monumento all’Alpino. La statua rappresenta un Alpino che aiuta una donna a sollevarsi mentre ne stringe al petto il bambino. L’opera ricorda le molteplici attività di soccorso dell’Associazione Alpini nelle calamità naturali che si sono susseguite in Italia.



Il sentiero lascia il monumento e prosegue in salita infilandosi nella pineta di rimboschimento e traversandola fino ai prati sommitali. Ora allo scoperto ci muoviamo in una zona di affioramenti rocciosi e di resti delle fortificazioni italiche. Cerchiamo il punto migliore per osservare il magnifico panorama circolare. Spicca la grande conca del Fucino, con il reticolo dei suoi poderi e le geometrie dei canali d’irrigazione




La cerchia dei monti comprende i Marsicani e le vette del gruppo del Velino fino al Sirente. Si può naturalmente proseguire in direzione del monte Parasano e dei pendii un tempo frequentati per il pascolo e caratterizzati dai resti dei recinti di pietra degli stazzi d’altura. In alternativa, si torna in paese sul percorso dell’andata. Avremo impiegato complessivamente tre ore, superando un dislivello di circa 250 metri.